Di Piero Luigi Carcerano

Foto di copertina: Valencia, Spagna – Ciudad de las Artes y las Ciencias. Progettato da Santiago Calatrava

In un’epoca di rapidi cambiamenti tecnologici e di mutevoli orizzonti estetici, il dibattito sull’architettura si nutre della tensione tra il patrimonio storico e la spinta innovativa. Nel cuore di questo discorso, emergono due figure emblematiche del barocco romano: Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini. Maestri indiscussi nel loro tempo, hanno plasmato la città eterna con un dialogo di forme e volumi che ancora oggi suscita meraviglia. Il confronto con le visioni radicali delle “archistar” contemporanee non è solamente inevitabile ma diviene fondamentale per comprendere la traiettoria evolutiva dell’architettura come disciplina e come espressione della cultura umana.

Questa premessa è un invito a un viaggio interpretativo, dove l’analisi storico-artistica non rimane confinata al passato ma si proietta nel presente, stabilendo un parallelo che va oltre la semplice constatazione di stili e tecniche. Si apre così un dialogo tra secoli, un intreccio di linee che da Roma si allargano a toccare i vertici dell’architettura globale, da Bilbao a Dubai, da Los Angeles a Pechino. In questo intreccio, la voce dei barocchi romani non è un semplice eco lontano, ma un discorso vibrante che si fa domanda: come l’ambizione di armonizzare spazio e comunità, così cara a Bernini e Borromini, si manifesta o si dissolve nell’impresa solitaria delle grandi firme contemporanee?

Con questa domanda in mente, ci addentriamo nel dialogo urbano tra l’architettura del XVII secolo e il vetro e l’acciaio del XXI, tra l’umanismo barocco e il narcisismo tecnologico, tra la ricerca di un’emozione condivisa e la creazione di un’immagine brandizzata. Si aprono le porte a un’analisi che intreccia l’architettura, la sociologia, la filosofia e l’estetica, nella speranza di cogliere non solo ciò che è stato, ma anche ciò che è in divenire.

Piazza san Pietro Roma
Piazza san Pietro Roma

Convergenze e Divergenze: Il Dialogo Continuo tra Barocco e Contemporaneità nell’Urbanistica Globale

L’analisi delle opere di Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini nel fervore urbanistico del XVII secolo romano non può prescindere da un confronto con la prassi progettuale delle cosiddette “archistar” della contemporaneità. Se gli architetti barocchi hanno inciso profondamente nel tessuto urbano di Roma, influenzando il modo di concepire lo spazio collettivo e la funzione sociale dell’architettura, le archistar dei nostri giorni hanno spesso impresso nella materia urbana il sigillo di un’estetica individuale e di una tecnologia avanzata, delineando una tensione, forse un dialogo, forse un conflitto, con il contesto circostante.

Bernini, nell’inscenare la Piazza San Pietro, non ha solo disegnato uno spazio ma ha coreografato un’esperienza: ogni pietra, ogni colonna dialoga con lo spazio aperto, il cielo e l’osservatore. Il barocco berniniano si eleva a teatro dell’universo, dove l’urbano diventa palcoscenico e l’individuo, attore e spettatore insieme.

Borromini, per contrappunto, ha tessuto una trama urbana di interni, di vuoti e pieni, in un gioco di spazi che si dilatano e comprimono, come nell’articolazione della facciata di San Carlo alle Quattro Fontane, in cui il muro sembra pulsare al ritmo di una musica interna e inafferrabile.

Piazza Navona Roma
Piazza Navona Roma

Le Archistar e il Segno nel Contesto

Gli architetti e ingegneri contemporanei, figure come Santiago Calatrava, Tadao Ando e Zaha Halid, hanno ridefinito lo spazio urbano, elevandolo a palcoscenico per audaci sperimentazioni formali e architettoniche. Questi artisti del concreto e del vetro non si accontentano di mostrare la loro abilità tecnica; aspirano a una sintesi espressiva più complessa, nella quale l’architettura non si limita a inserirsi nel tessuto urbano, ma si trasforma nel tessuto stesso, creando un network di relazioni spaziali e sociali, e lasciando un’impronta distintiva e riconoscibile.

Mentre Bernini e Borromini erano maestri nel dialogare con la storia e la collettività, intraprendendo un discorso architettonico che abbracciava la società nel suo complesso, le figure contemporanee come Santiago Calatrava, Tadao Ando e Zaha Halid sembrano inclini a favorire un dialogo che è più personale e introspettivo, rivolto verso l’individuo e il suo spazio emotivo. Se per i maestri del Barocco la città era vista come un organismo vivente da formare e nutrire, per molti dei loro successori contemporanei la città diventa una tela sulla quale esprimere una narrazione personale, un manifesto di visioni individuali che si traduce in opere che sfidano e ridefiniscono il paesaggio urbano moderno.

Questa nuova generazione di architetti non solo ha lasciato il segno sui panorami delle città con le loro opere iconiche, ma ha anche sollevato questioni riguardanti l’integrazione e l’armonia di tali strutture all’interno del contesto urbano esistente. La sfida sta nell’equilibrare l’innovazione estetica e funzionale con il rispetto e la valorizzazione del patrimonio culturale e sociale che costituisce l’anima di ogni città.

Piazza Navona Roma – Fontana del Moro
Piazza Navona Roma – Fontana del Moro

In questa dialettica tra antico e nuovo, si profila una contrapposizione filosofica e operativa: da un lato la visione di un’architettura che si fa esperienza collettiva e dall’altro quella di un’architettura che si configura come esperienza sensoriale ed estetica individuale. L’architettura contemporanea enfatizza l’efficienza, la sostenibilità, l’innovazione formale, ma talvolta a rischio di una certa freddezza emotiva, di una perdita di quel dialogo con il pubblico che invece era vitale nel Barocco.

Santiago Calatrava Stazione Ferroviaria di Reggio  Emilia
Santiago Calatrava Stazione Ferroviaria di Reggio  Emilia

Le archistar, con i loro edifici icone, sfidano le leggi dell’inerzia e della gravità, esattamente come Bernini e Borromini sfidavano le convenzioni del loro tempo. E tuttavia, se il barocco mirava a un’estasi collettiva, l’architettura stellare contemporanea sembra a volte cercare un’estasi dell’io, dove l’opera parla più all’individuo che alla collettività.

Heydar Aliyev Center Museum a Baku, Azerbaigian - Zaha Halid
Heydar Aliyev Center Museum a Baku, Azerbaigian – Zaha Halid

La differenza tra i due momenti storici può essere colta nella concezione di spazio e comunità: Bernini e Borromini vedevano l’architettura come un coro polifonico in cui ogni voce ha il suo posto, mentre le archistar spesso compongono sinfonie soliste, brillanti e tecnicamente ineccepibili, ma a volte con eco meno universale.

Le figure dell’architettura contemporanea, come Santiago Calatrava, Zaha Hadid e Tadao Ando, hanno riconfigurato lo spazio urbano, trasformandolo in una vera e propria tela per audaci esplorazioni formali. La loro opera trascende la mera dimostrazione di abilità tecnica, evolvendosi in una profonda ricerca espressiva.

Tadao Ando Museo Storico di Sayamaike
Tadao Ando Museo Storico di Sayamaike

Questi architetti, attraverso la loro pratica, hanno forse involontariamente seguito le orme di Bernini e Borromini, che nel loro tempo dialogavano con la storia e il sociale. Tuttavia, a differenza dei maestri del Barocco, i quali vedevano la città come un organismo da curare e animare, le “archistar” moderne sembrano porre maggior enfasi su un dialogo più personale, con l’individuo e la sua percezione sensoriale. Per Calatrava, Hadid e Ando, la città diventa una superficie su cui esprimere visioni personali, un palcoscenico per esperienze individuali in cui l’architettura si erge a protagonista di una narrazione personale.

Se i Barocchi miravano a un’estasi collettiva attraverso la condivisione dello spazio urbano, gli architetti contemporanei spesso sembrano cercare un’estasi dell’individuo, in cui l’edificio parla direttamente all’individuo piuttosto che alla comunità. Questa è una sottile ma significativa evoluzione nel dialogo tra architettura e società: dove una volta l’accento era posto sull’integrazione e l’armonia comunitaria, ora si pone sull’espressione personale e l’impatto individuale.

Architettura: La Diversità Culturale Riflessa in Forme e Spazi

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